martedì 25 agosto 2015

I ragazzi del Loop

Non vedevo altro che alberi nebbiosi e il pendio cupo e selvaggio che si alzava verso il cielo. "Che cazzo ci faccio qui su?" imprecai, invocando Chicago. "Sono sicuro che si stanno divertendo tutti come matti, in questo momento. Ecco cosa stanno facendo, e io non ci sono e non so nemmeno quando ci arriverò"
Sono in una cabina d'aereo, accecato dagli ultimi bagliori del giorno riflessi sul lago Michigan. Il volo intercontinentale mi ha lasciato le ultime energie per prendere coscienza che sotto di me non ci sono più sterminati ammassi di vapore, bensì lo specchio d'acqua dolce più grande d'America, solcato dal vento sferzante, che corre a perdita d'occhio senza congiungersi mai con la terra ferma. Cerco freneticamente sul cellulare delle canzoni che suggellino questo momento di inaspettata pienezza. Metto in fila la leggerezza caleidoscopica di Sufjan Stevens e la malinconia alticcia dei Wilco. La memoria plana liberamente sui ricordi alla voce "Chicago" : il ghigno compiaciuto di Air Mike che si avventa sul canestro; lo sguardo spiritato di Billy Corgan che vende il sogno di un viaggio sulla luna; l'interminabile discesa della carrozzina tra pallottole impazzite al suon di carillon alla Union Station; le scorribande travolgenti dei Blues Brothers impassibili su e giù sulle avenue a bordo della bluesmobile. Il treno che dall'aeroporto di O'Hare si dirige verso il centro, si allontana dal tramonto. Fuori dal vagone, si dispiega la nuova periferia "gentrificata", disseminata di open space e shopping mall, scale di emergenza arrugginite addossate alle casette di mattoni e graffiti scoloriti, sotto una processione senza posa di aerei. Quando il treno scende sotto terra, il ritmo cadenzato delle rotaie si unisce alla musica rap e dub sparata dagli auricolari dei passeggeri. È una anti-melodia urbana. Gli anni del funk e del blues devono essere sepolti per sempre, penso. Riemergo alla luce dalla stazione di Jackson Blue, nel Loop. Intorno a me solo pareti verticali di acciaio e vetro che rifiutano insolentemente di assecondare il tenue arancione con tinte di lilla del crepuscolo. Dietro di me, austera, la Sears Tower.
I ragazzi del Loop suonavano, ma con stanchezza, perché il bop era a metà strada fra il periodo del Charlie Parker di Ornithology e quello di Miles Davis.
Ora, nessun musicista osa rompere la nuova sinfonia urbana. Intorno a me ci sono solo turisti decisi a ignorare i consigli serali della Lonely Planet, e tassisti che abbordano qualsiasi persona munita di valigia. Rifletto, un po' cinicamente che Uber ci ha trasformati in hooker ai loro occhi, purtroppo. Prima che un groppo mi afferri la gola, come ogni volta che sono in un posto nuovo e vagamente minaccioso, arriva sul cellulare il messaggio di Simone che aspettavo : "Sono lì tra un minuto". E il cuore si spalanca fiducioso e torna a credere che questa sia davvero l'idea di città che conservavo nella memoria. Ho un amico nel centro di Chicago che mi abbraccia e mi aiuta a caricare i bagagli nel baule, mi chiede se sono stanco per il viaggio "Certo che lo sono" penso, "ma chi se ne importa, ora ho solo voglia di riprendere il discorso su quel tuo viaggio nel Canyon di qualche mese fa, su dove sia quel parco dove hai promesso di portarmi la settimana prossima. A proposito... come sta Daniela? Ti andrebbe di vedere con me la prossima partita della Juve? Non riuscirò mai ad esaurire tutte le domande e le curiosità in questa serata" penso, mentre cerco di arrestare questo soliloquio torrenziale. Intanto Simone mi parla con la naturalezza di chi mi ha salutato l'ultima volta solo una settimana fa. Invece abbiamo passato insieme poco più di dieci giorni negli ultimi quattro anni. Credo che le prossime due settimane mi riserveranno ancora sorprese come questa. È sera ormai. Clio, la gatta di Simone e Daniela, si è sistemata al mio fianco sul letto, col gusto di esplorare le carezze del sul nuovo coinquilino. Farò riposare gli occhi provati dal fuso con Parker, pensando a quei ragazzi del Loop che avevano sedotto Kerouac. Forse non arriverò neanche al secondo minuto di Ornithology.
E mentre me ne stavo là seduto ad ascoltare quella musica della notte che è ormai il bop per tutti noi, pensavo ai miei amici sparsi per il Paese e come fossero in realtà tutti nello stesso grande cortile ad agitarsi frenetici e convulsi.

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