Nathan me l’aveva garantito “Qui è l’evento dell’anno”.
È il “Sei Nazioni” di rugby. E non stento a crederlo visto che in questi giorni la divisa bianca con la rosa dei Lancaster surclassa anche la felpa griffata dell’università. Nemmeno la “Pretty Green” di Noel ci riesce…
E cosi’ domenica pomeriggio mi hanno invitato come ospite nella tana del tifo inglese, lo SU Bar.
Nathan e i suoi amici mi guardano come se stessero contemplando lo Sheppard pie della loro mamma. Già pregustano la vittoria, galvanizzati dalle quote dei bookmakers e dalla tradizione favorevole. La loro squadra non ha mai perso contro gli Italiani, che hanno raccattato nel 6 Nazioni una decina di anni fa per avere la certezza di 2 punti facili facili gia’ all’inizio del torneo.
Sapete, non e’ bello essere la vittima sacrificale al banchetto degli Inglesi, che di questi tempi sono cosi’ ringalluzziti che pensano, a ragione, di poterci battere in scioltezza anche nel calcio.
Qui e’ molto peggio. Non c’è nemmeno un Fabio Capello a cui affidare le speranze di riscatto, ma solo quindici ragazzi con la maglia azzurra, molti dei quali nati nell’altro emisfero.
I nostri ragazzotti ci mettono la grinta, sin dalla prima nota dell’inno, al punto che mi convincono a cantare, sempre più convinto, l’inno d’Italia in faccia agli sberleffi dei padroni di casa.
Gli Inglesi accolgono la loro nazionale in piedi e cantano l’inno. Come nella migliore tradizione italiana vanno avanti di 4 battute già dopo la prima strofa al punto che iniziano ad applaudire e incoraggiare i loro beniamini ben prima che i giocatori abbiano finito di intonare “God Save the Queen”.
Nel locale di solito riservano un tavolo a scozzesi e gallesi, che pur in netta minoranza, godono del rispetto almeno dell’oste. Ma loro se le sono date di santa ragione il giorno prima ed oggi è rimasto solo Harnold, che si gusta il match sorseggiando una Brain’s in ossequio alle sue origini gallesi.
Sul versante della partita, gli Inglesi hanno meno occasioni del previsto per intonare la marcetta gospel (importata dall’America…) “Sweet Chariot”. Il match è spigoloso, gli Italiani arginano l’attacco asfittico dei rivali con mischie rocciose. Ogni tanto qualche amico di Nathan si complimenta come se fossi la mamma dei fratelli Bergamasco: “Siete meglio anno dopo anno”. Nella migliore tradizione dei vini italiani. Sul calcio piazzato del biondo fratellone siamo 14-12 per gli ospiti. La partita sembra quasi riaperta. Esaltato dal possibile pareggio rompo il silenzio scaramantico che mi sono imposto dall’inizio della partita. Inizio a fantasticare su una possibile caduta degli Dei, come quella degli inventori del gioco del pallone ad Highbury, sommersi dagli Italiani campioni del mondo di Pozzo.
Ma ahime’ Castrogiovanni non e’ Meazza, e quel che e’ peggio, Wilkinson e’ il Messi del rugby. Piazza un drop da manuale e manda i miei amici inglesi a casa contenti. Non prima di avermi stretto la mano. Nostalgia del calcio non ne ho proprio.
lunedì 22 febbraio 2010
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