sabato 5 settembre 2009

C'è solo la strada

Al Giornale Radio annunciano il trasferimento dei terremotati dell’Aquila alle abitazioni provvisorie. Cronaca della smobilitazione, annunci della Protezione Civile, proclami del Premier.
Sul finire del servizio un terremotato racconta la tristezza di abbandonare gli amici incontrati nelle tendopoli. Non è affatto entusiasta di entrare in una casa che, pur temporanea, gli permetterà di girare in ciabatte sul pavimento, godere dell’intimità con la propria moglie, farsi una doccia senza l’assillo dello sguardo del compagno di tenda.

All’Aquila la gente non si nega alle telecamere anche se ha lasciato tra i calcinacci i bei vestiti, che sperava un giorno di sfoggiare in diretta dalla Clerici. I bambini, orfani della Play Station, si entusiasmano per le “carammelle” vinte alle partite di calcetto, i commercialisti, leniti i dissapori atavici, si fregano a tressette come i dopolavoristi del circolo e le signore, sedotte e abbandonate da Carlo Conti, hanno sostituito all’amante catodico la nuova amica seduta al tavolino.
In sei mesi tutti hanno dimenticato i programmi della lavastoviglie e perso dimestichezza con i tasti del cellulare, ma hanno messo in comune una memoria che non si misura in bit ma in ricordi.

Nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
succede qualcosa di strano, non c'è niente da fare
è fatale, quell'uomo comincia ad ammuffire.
C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada e nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.


Giorgio Gaber. C'è solo la strada

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