sabato 5 settembre 2009

L'amore ai tempi della ricerca

Il New York Times di pochi giorni fa ha cercato di sconfessare l’aforisma agrodolce di Dorothy Parker: “Woman wants monogamy. Man delights in novelty”.
Una ricercatrice di UCLA, Monique Borgerhoff Mulder, ha pubblicato uno studio condotto nei villaggi di Pimbwe, Tanzania, alla scoperta delle abitudini matrimoniali del luogo.
Il lavoro mette in discussione l’idea dell’uomo conquistatore inarrestabile, come un sultano che affastella concubine nel suo letto, e della sua moglie devota, dedita alla crescita dei figli.
Infatti anche le donne sono inclini alla monogamia seriale, cioè inanellano partner uno dopo l’altro, proprio come faceva Liz Taylor nei suoi anni ruggenti. Ma a differenza della Cleopatra per antonomasia, le peripezie familiari delle donne Tanzaniane non sono causate (solo) da irrefrenabile desiderio, ma da una accurata strategia di crescita dei propri figli. Grazie all’allegria sentimentale della madre, i figli finiscono in una cerchia allargata di custodi, padri naturali e acquisiti, tutti disposti a contribuire alla crescita della prole.
I dati empirici danno ragione alle donne poliandre: i loro figli hanno un tasso di sopravvivenza superiore rispetto alla prole delle donne monogame a vita e degli uomini, fedeli e farfalloni che siano.
In più, tra le donne, quelle con il più alto numero di matrimoni alle spalle sono considerate le compagne più affidabili, le lavoratrici più assidue e le madri più premurose. Un totale ribaltamento rispetto ai clichè del mondo Occidentale.
La Cultura Pimbwe è stata troppa perturbata nel corso degli anni dal colonialismo e dalle interferenze del governo per poter rappresentare il paradigma comportamentale dei nostri avi. Tuttavia può proporre a noi e ai nostri discendenti una soluzione per sfuggire alla maggior parte dei danni dei matrimoni, pur mantenendo il fascino che i contratti apparentemente emanano: (re)introdurre le unioni a tempo determinato. In fondo basterebbe apporre una piccola, ma provvidenziale modifica nelle promesse nuziali:
“... nella salute o nella malattia, finché morte – o scadenza - non ci separi”.

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