giovedì 1 ottobre 2009

L'Annozero dell'informazione

Credevo nella buona fede giornalistica di Michele Santoro e pensavo che Annozero fosse una parentesi di libertà nel panorama televisivo oscurantista.
Mi sbagliavo.
Annozero sta sotterrando i meriti delle inchieste incisive con le debolezze degli attacchi precostituiti.
Santoro pecca di demagogia e di autoreferenzialità, snocciola sillogismi forzati e disinvolti, crede di essere l’unico esportatore della libertà nella Repubblica delle Banane, insinua messaggi subliminali con lo scopo di sintonizzare gli spettatori sulla sua lunghezza d'onda.
Intendiamoci, Santoro non è meno sconcertante del suo collega Minzolini artefice di una faziosità “istituzionale” a capo del Tg1, dove pilota interviste propagandiste e va in onda per giustificare censure a favore del premier.
Solo nell’ultima settimana molti esponenti del “pensiero maggioritario” hanno sfoggiato una partigianeria decisamente preoccupante, segno che la parzialità non è un difetto solo del giornalista di Samarcanda.
Il direttore di Raidue Liofredi si dissocia pubblicamente da una trasmissione della sua rete giustificando con motivi tecnici il mancato invio delle troupe richieste.
Il ministro Scajola, abusando dei suoi poteri, annuncia di convocare i vertici Rai per verificare che la trasmissione garantisca «un' informazione completa e imparziale».
Il sottosegretario alle Comunicazioni Romani “irrompe” con una mossa palesemente concordata con Palazzo Chigi nel salotto diafano di Vespa poco dopo l’apparizione di Patrizia D’Addario ad Annozero.
Il direttore di Libero Belpietro passa a far visita al Premier Berlusconi prima della suddetta trasmissione, non certo per fargli (solo) gli auguri di compleanno.
Come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere di qualche giorno fa, Michele Santoro è “accidente della democrazia”. Ma eliminarlo dal palinsesto equivarrebbe alla soppressione della stessa.
La democrazia si fregia di una parola abusata, pluralismo,che oscilla ambiguamente tra due estremi: disseminare i palinsesti trasmissioni con faziose di segno opposto, come tanti frammenti di dittature manovrate dai partiti in un clima di tensione crescente; realizzare trasmissioni con il “bilancino”, simili a tribune elettorali, con un'informazione ignava, anestetizzata e sudbolamente allineata al potere.
Il dibattito sul significato di informazione libera e indipendente non è in via di risoluzione a meno di improbabili distensioni del dibattito politico o di imprevedibili privatizzazioni del servizio pubblico.
Dopo quasi due decenni di polemica dissennata ci stiamo avvicinando ad una cruenta resa dei conti da cui la nostra informazione non uscirà migliore.
E nemmeno noi.

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