lunedì 3 agosto 2009

Mein name ist…

Dopo tre settimane passate a bofonchiare “Ein apfel, bitte” ai fruttivendoli e annuire contrito alle parole incomprensibili dei passeggeri in metropolitana, ho deciso di iscrivermi ad un corso di tedesco.
In uno stanzino sperduto al settimo piano dell’edificio F va in scena una puntata di “Non è mai troppo tardi” in versione teutonica: di giovani disposti a sacrificare tre giorni alla settimana in agosto nemmeno l’ombra, in classe solo volenterosi cinquantenni in cerca di nuove emozioni con le valchirie di mezza età. Non c’è il maestro Manzi, ma la giovane professoressa Heike che, per rompere il ghiaccio, mi passa un leoncino di pezza chiedendomi “Wie ist dein name?”. Sul momento mi chiedo se invece di iscrivermi ad un corso di lingua mi sia inserito in un gruppo di recupero mentale, poi getto lo sguardo sul foglio di fronte a me con la risposta “Mein name ist…”. Il peggio deve ancora venire, però. La Prof. inizia a parlarmi in tedesco con un tono tra l’affettuoso e il compassionevole. Con quella voce potrebbe dire qualsiasi cosa, dalla coniugazione del verbo “Mussen” all’incipit delle “Affinità elettive” di Goethe. Mai potrei immaginare che quella sinfonia di gutturali e “scharfes S” significhi “Dai su, lancia il leoncino a uno dei tuoi compagni e chiedigli come si chiama”. Io lo cedo allo scozzese Paul per ringraziarlo del suggerimento sottobanco. Lui, orgoglioso della discreta confidenza con la lingua, in un men che non si dica si presenta in perfetto tedesco e scaglia il felino come un giavellotto dal lato opposto della sala sfiorando il volto di un supervisor indonesiano. Sull’orlo del conflitto diplomatico, interviene Heike che ci distoglie dalla sorte dell’animale posticcio e dei due contendenti scrivendo due parole sulla lavagna: “Nominativ” e “Dativ”. La mia memoria si accende, ripesca nel passato le nozioni del ginnasio e inizia a tempestarmi di suffissi e radici. Il “neutro”, che nella mia vita è ormai tornato ad essere un sapone, riappare improvvisamente accompagnandosi ad aggettivi e sostantivi.
Per domani sono preparato: ablativo assoluto e un passo del “De Senectute” di Seneca... O no?

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