
Da qualche settimana Barack Obama mi scrive.
Beh, sarebbe bello pensarlo aprire il suo McBookAir e digitare “Dear Alessandro…”
In realtà il presidente americano sta contattando tutti gli iscritti alla sua newsletter http://my.barackobama.com per sensibilizzarli sulla riforma epocale della sanità.
A tale scopo sta spadroneggiando sui media: posta annunci su Facebook e Twitter, tiene convegni sul tema in tutta America e addirittura promette incontri privati in cambio di contributi per sostenere la campagna informativa sulla nuova “Health-care bill”.
Perché tanto coinvolgimento? Domanda lecita per un italiano che non è abituato a sentir proporre, figuratevi realizzare, riforme radicali.
La risposta è semplice: la sanità americana va allo sfascio come le carrozze nei western con John Wayne.
Sebbene un sesto della ricchezza americana sia spesa nella sanità, la mortalità infantile, l’aspettativa di vita, e i tassi di sopravvivenza agli infarti sono peggiori della media OCSE. Tutto ciò porta la sanità americana al 37° posto mondiale. Noi italiani facciamo molto meglio, siamo nella Top 10.
Poi c’è l’aspetto economico. Metà della spesa sanitaria dipende dalle assicurazioni dei privati che sono un grande fardello per le imprese americane. Ricordate quante riunioni ha dovuto fare Marchionne per convincere i Tycoon di Chrysler ad abbassare i costi del lavoro?
E infine c’è la parte che sta più a cuore ad Obama. L’uguaglianza: in America 50 milioni di persone sono escluse integralmente dall’assistenza sanitaria. Un’intera Italia che quando ha l’influenza si prende le pasticche di lievito di birra.
Insomma, la riforma è doverosa. Lo vogliono gli anziani che sono la maggioranza dell’elettorato e sono spesso i più malati, lo vogliono le giovani generazioni che si troveranno a mantenere tra pochi anni un esercito di baby-boomer (noi li premiamo mandandoli in pensione a 58 anni, ma questo è un altro discorso…).
E allora chi è che rema contro? Gli stessi che 10 anni fa affossarono la riforma di Clinton: i medici, che secondo le bozze di riforma, non guadagnerebbero più in proporzione ai farmaci prescritti, e le compagnie assicurative, che sarebbero obbligate a contrarre polizze anche con i clienti poco graditi, i poveri e i vecchi.
Qui entra in scena la seconda campagna elettorale di Obama, a distanza di un anno da quella vera che l’ha portata alla Casa Bianca. Informazione a tappeto dell’opinione pubblica per contrastare le lobby che stanno spendendo una barca di soldi per “fare pressioni sui parlamentari e sui media”.
A chi gioca sporco, Obama risponde in guanti bianchi e sterili, come quelli di un medico, possibilmente non lobbista.
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