martedì 14 luglio 2009

International Fußball

“Are you ready for football match?”. Come rispondereste voi se la più sportiva delle scarpe che avete è una usuratissima Converse e l’unico pantaloncino resistente ad una minima torsione è lungo fino alla caviglia?
“yes, I’m ready”. Così ho risposto al mio amico Jorge che di calcio non farebbe a meno nemmeno sull’Artico.
E così è andata in scena la mia prima versione di International football, o se preferite Fußball, di quest’anno.
Due squadre da 8, noi per comodità (e mia somma vergogna) a petto nudo: i miei rotoli appassivano al cospetto delle carene di Heinz, Huber, e di Maurice (unico canadese nero che trova interessante la nobile arte della pedata). Ma ben presto mi sarei dovuto imbarazzare di ben altro: retropassaggi sbagliati, controlli accidentali, addirittura un tentativo di autorete.
E’ stato in quel momento che ho iniziato a giocare un altro sport. Il nascondino. Ogni onesto pivello è un campione di questa pratica che consiste in due mosse: passaggio al portiere e marcatura stretta sul più incapace della squadra avversaria.
Tutto perfetto sinché Johann mi chiede in cambio in porta. “Beh, hanno levato dal campo l’unico scarso ora domineranno”. E penso bene. Possesso, fraseggio, una goduria per l’unico italiano (buono) sul prato, Nico, romano e “bastard surfer”, come indica la sua maglia coatta.
Gli altri, quelli con addosso la maglia, non ci capiscono più niente. E proprio da uno degli insulsi lanci lunghi che segnano la sconfitta morale dei più deboli nasce la mia prodezza comica.
Uscita a vuoto.
Colpa del sole in faccia, del rimbalzo infido. Colpa mia, diamine. Nico ci resta un po’ male, mi fa lo sguardo di quando Totti sbaglia il cucchiaio. Ma gli altri, i carenati, mi incoraggiano. “It happens”. “Don’t worry”. Lo so che mentono spudoratamente ma apprezzo la loro gentile ipocrisia mitteleuropea.
Ci pensa Nico a tenere alto l’onore italiano. Si dimena, dribbla, dispensa assist e segna, segna come un disperato per cancellare le mie vergogne. Gli altri lo assecondano ma in surplasse, con garbo asburgico. E alla fine quando il sole sta tramontando, e io ho già due piedi arrostiti dalle scarpe scomode, si fermano all’instante, come redenti da Odino, si scambiano saluti e strette di mano. Io rimango sorpreso. Nico invece è già schizzato sulla fascia per segnare l’ennesimo gol.
Aveva ragione Churchill: «Gli italiani affrontano le partite di calcio come se fossero guerre e affrontano le guerre come se fossero partite di calcio.»

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